Percorreremo in due tappe questa lingua di terra protesa sul mare come una zattera, concentrandoci oggi sulla linea costiera occidentale fino a Capo Mannu, seguendola con lo sguardo delle possibilità che offre per gli appassionati di sport acquatici. Nella prossima tappa, invece, proseguiremo affacciandoci sul lato nord oltre Capo Mannu, là dove poi termina la sub regione del Sinis e comincia quella del Montiferru, oltre l’immensa muraglia verde della pineta retrostante l’infinita spiaggia di Is Arenas.
Ci dirigiamo dunque verso Riola Sardo, percorrendo una delle tante strade che formano un fitto reticolo viario che collega il sud del Sinis al Nord della penisola e da qui, superato il grazioso centro abitato caratterizzato dalle tipiche case campidanesi costruite con mattoni di terra cruda, giriamo poco dopo a sinistra, nel bivio in cui si innesta la SP66 e che poi risalirà la costa verso nord fino a Putzu Idu.
Prima di raggiungere il mare, sulla destra, restiamo abbagliati dai giochi di luce dello stagno salato di Sale e'Porcus, il più grande stagno temporaneo della Sardegna; zona umida riconosciuta di importanza internazionale dalla convenzione di Ramsar (codice del sito 3IT035) e inserita in un bacino idrico di quasi 330 ettari, che nella stagione più secca si trasforma in uno spettacolare e immenso letto di sale abbacinante.
Qui nidificano e si riproducono numerose specie di uccelli acquatici rari o in via di estinzione, come la volpoca, la gru europea, il gabbiano roseo ed il pollo sultano viola, Inoltre, nel periodo delle migrazioni soggiornano numerose specie di anatre, aironi, trampolieri, sterne e gabbiani; un vero e proprio paradiso per gli amanti dell'osservazione della fauna selvatica.
Probabilmente, però, lo spettacolo più vistoso e quasi magico da osservare in inverno è quello della colonia di fenicotteri rosa, che qui soggiornano a migliaia; una delle più importanti popolazioni italiane e mediterranee di questa incredibile specie di uccello dalle lunghissime e sproporzionate zampe e il colore rosa chiaro e fuxia del piumaggio. L'Oasi rappresenta l'anello di congiunzione tra le zone umide africane dove la specie solitamente passa l'inverno e gli stagni della Camargue, nella Francia meridionale, frequentati nel periodo della nidificazione; pertanto può capitare che da novembre a marzo il numero di fenicotteri nell'Oasi possa superare le 7.000 unità, anche se di anno in anno si assiste a delle variazioni a causa del livello di acqua nello stagno.
Una curiosità: la tonalità rosa del piumaggio di questi uccelli è determinata dalla dieta particolarmente ricca di un gamberetto rosa chiamato Artemia Salina, ricco di carotenoidi che producono i pigmenti che conferiscono alle penne il caratteristico colore, la cui intensità cromatica dipende dunque dalla quantità di microcrostacei ingeriti e varia dal bianco al rosa più o meno intenso. I carotenoidi però col tempo si degradano e le penne cadute durante la muta perdono in breve il loro tipico colore.
Al di là dello spettacolo offerto dalla colonia di fenicotteri, lo stagno di Sale e'Porcus è considerato uno dei punti di osservazione più importanti del Mediterraneo per la grandissima varietà di fauna selvatica, tanto che nel 1982 la Regione Sardegna vi ha istituito una "Riserva Naturale Orientata", gestita dal comune di San Vero Milis in collaborazione con la LIPU.
Attualmente l'Oasi è dotata di un percorso che si snoda lungo il perimetro dello stagno e che giunge ad un capanno di osservazione e nei pressi si trova anche un piccolo Museo naturalistico gestito da privati. Il percorso è agibile tutto l'anno ma il periodo migliore è quello dell'autunno e dell'inverno, quando i fenicotteri frequentano l'Oasi.
Appena superato lo stagno, la SP69 si avvicina rapidamente alla costa e volendo si può parcheggiare e approfittare di una sosta di un paio d'ore per proseguire a piedi o in bicicletta lungo una delle tante stradine sterrate che si congiungono ortogonalmente al sentiero principale che costeggia il bordo delle falesie e che permette di praticare un incantevole trekking, con splendidi panorami in ogni stagione.
Un percorso bellissimo, che suggeriamo, è quello che parte dalle Falesie di Roja de su Cantaru (plus code: XCW5+XQ Cabras) e prosegue in direzione nord fino ai pressi della spiaggia di s'Anea Scoada oppure, in direzione sud, fino alla falesia di Su Tingiosu (plus code: X9MX+8H Cabras). È particolarmente suggestivo da percorrere all'alba o, meglio ancora, al tramonto, quando le rocce chiare si tingono dei colori caldi dei raggi del sole basso sull'orizzonte, enfatizzando l'atmosfera intorno, selvaggia ma dolce, profumata di macchia mediterranea e silenziosa.
Chi dispone di più tempo può esplorare a piedi o in bicicletta tutta la costa del Sinis, da sud a nord, poichè il sentiero che corre ai bordi della falesia prosegue ininterrotto, affacciato sul mare, passando sugli altipiani sovrastanti, attraversando suggestive borgate di pescatori o diluendosi, a tratti, sul lungomare di incantevoli spiagge sabbiose e dorate.
Noi proseguiamo in auto, lungo la SP 69 e poco prima di raggiungere le spiagge incontriamo, sulla sinistra, il Parco dei Suoni, nel territorio di Riola Sardo (plus code: 2C37+VF Riola Sardo), un esempio plastico di come l'architettura abbia il potere di trasformare una ferita paesaggistica in un luogo identitario, riconnettendolo al territorio e riempendolo di nuovi significati e funzioni. Il Parco è infatti ricavato da cave d’arenaria dismesse ed è il risultato di un disegno degli architetti Pierpaolo Perra e Alberto Antioco Loche che nel 2008, con quest'opera, hanno vinto il Premio del Paesaggio bandito dalla Regione Sardegna, opera che è stata anche stata inserita tra le dieci candidature italiane al Premio del Paesaggio promosso dal Consiglio d’Europa.
L'architettura del Parco recupera i tratti fondamentali della cava per poi renderli monumentali slegandoli da ogni elemento collegato all’industria umana e così la pietra diventa paesaggio e opera d'arte nel contempo, attraverso i suoi cromatismi e le forme geometriche dei blocchi litici residui dell'attività estrattiva.
Il progetto del parco si inserisce all’interno del più vasto Progetto Riberas, che in sardo significa “rive” e che interessa i comuni di Riola Sardo, Cabras e Santa Giusta, coinvolti in un un piano di riqualificazione urbana incentrata sul tema dell'acqua (elemento dominante nel Sinis), che mira a rivestire i tre centri del Sinis del ruolo di antichi custodi delle acque.
Il Parco dei Suoni è diventato ormai un centro d’eccellenza per la divulgazione della cultura sonora in Sardegna, dove si esibiscono anche artisti di fama mondiale, ospiti di importanti festival che utilizzano questo spazio d'arte, fra cui il Dromos Festival, uno degli eventi culturali più importanti dell'Isola. Il piccolo canyon in cui sorge il progetto è infatti uno spazio acustico sfruttabile per la particolare percezione uditiva che offre al visitatore e al suo interno il tema sonoro si realizza anche in assenza di performance musicali, semplicemente camminando all'interno di una serie di suggestivi percorsi che attraversano lo spazio aperto delle cave.
Proseguiamo verso le spiagge.
La prima che incontriamo è S'Anea Scoada, che in italiano significa "l'asina senza coda" ma il cui nome, nel tempo, è stato storpiato nella pronuncia "S'Arena Scoada", cioè "la sabbia senza coda", che non significa nulla ma questo toponimo coesiste spesso con l'originale, non solo nella parlata comune ma anche nella cartellonistica.
Il litorale di S’Arena Scoada, appartenente al comune di San Vero Milis, da cui dista circa venti km, è una lunga spiaggia dalla sabbia finissima e dorata, dall’aspetto oceanico-tropicale, incorniciato alle spalle dallo stagno di Sale ‘e Porcus e chiuso a sud dallo sperone roccioso di punta S’Ancùdina la cui forma ricorda proprio un’incudine. Oltre questo sperone la costa è caratterizzata da ammassi di scogli e conformazioni rocciose affilate, alte sulla superficie dell’acqua, come le falesie di Roia de Su Càntaru e di Su Tingiosu superate le quali, dopo una serie di calette, comincia il Sinis con le sue distese di minuscoli cristalli di quarzo multicolore.
Verso nord la spiaggia forma un ampio golfo che si estende fino a Putzu Idu, da cui è separata da una piccola scogliera. L’acqua è limpidissima, di colore verde-azzurro e il fondale sabbioso digrada molto dolcemente verso l'orizzontte, dominato dallo skyline dell'isola di Mal di Ventre.
Per l'orografia dei fondali e la presenza di venti e correnti caratteristici, il golfo è molto frequentato da appassionati di kite e windsurf e sul lungomare che unisce il piccolo villaggio turistico di S'Anea Scoada con la spiaggia di Putzu Idu e il contiguo villaggio di pescatori di Mandriola, in estate si sussegue una lunga fila di chioschi che ospitano bar, scuole di sport acquatici e noleggio di attrezzature per praticarli.
Da qualche anno, ai primi di ottobre, questo lungomare diventa per un fine settimana il teatro della Sagra del Surf, un evento di due giorni incentrato sul surf e sugli sport acquatici che in questa zona, fino a Sa Mesa Longa, incontrano uno degli scenari più favorevoli in Sardegna, meta tutto l'anno anche di sportivi provenienti dall'estero.
Sagra del Surf, Putzu Idu. Foto: Cinzia Oliveri
Il surf è la tematica principale attorno a cui ruota l'evento, perchè l'area di Capo Mannu, poco più a nord del villaggio di Mandriola, è una meta conosciuta dai surfisti a livello internazionale, per via delle particolari condizioni che si generano dalla combinazione dei venti e delle correnti, della posizione del promontorio e del golfo adiacente e della conformazione del fondale, che crea un tipo di onde che consentono di surfare in condizioni ottimali con il vento di maestrale attivo ma anche con le mareggiate in scaduta.
Ma la sagra del surf è una fiera dedicata a tutti gli sport acquatici praticati in zona, come il kite e il windsurf ma anche il sup e il kayak.
I venti che soffiano sulla costa generano un certo tipo di onda che, di volta in volta rendono il mare adatto alla pratica del surf, del kyte o del windsurf in modo selettivo, rendendolo lo scenario di un teatro in cui, in tempi diversi, ci si può divertire a giocare diversi ruoli sull'infinito spazio azzurro e, per quanto riguarda il kite, anche in laguna. Nello stagno di Mistras, per esempio, con il vento di scirocco si può praticare il kite freestyle.
Foto: gloriamusa.photo
Nel gergo del surf un luogo adatto alla pratica di questo sport si chiama "spot", cioè un tratto di litorale in cui le onde riescono a frangere nel modo migliore per essere surfate. Può trattarsi di un banco di sabbia o di roccia, un promontorio, una spiaggia riparata vicino a un molo o una baia ma a volte uno spot è semplicemente una spiaggia facilmente accessibile e con un buon parcheggio.
La generazione delle onde avviene sotto l’azione del vento, che trasferisce energia alla superficie del mare, creando onde le cui dimensioni dipendono dalla sua intensità, dalla durata della sua azione e dall’estensione dell’area di mare su cui il vento, spirando, genera moto ondoso. Tale area prende il nome di fetch e le onde all’interno di quest'area vengono definite onde vive e sono caratterizzate da forma irregolare e lunghezza ridotta. Allontanandosi dall’area sottesa dal vento, la lunghezza e il periodo delle onde aumentano, generando così onde lunghe di forma più regolare chiamate onde di swell, quelle ideali per essere surfate e in base all'altezza dell'onda esistono diversi stili di surf associati all’uso di diversi tipi di tavole.
Gli spot principali della costa oristanese si concentrano, da nord a sud, da Santa Caterina di Pittinuri, poco oltre la penisola del Sinis, fino a Mari Ermi.
A Sa Mesa Longa, nell'estremo nord del Sinis si surfa con venti di maestrale, libeccio e venti di terra mentre nell'adiacente Capo Mannu è possibile surfare in condizioni di vento attivo e mare grosso ma anche con il vento in scaduta; condizione che lo rende uno spot di primaria importanza.
Qui, quando le condizioni del vento diventano proibitive per il surf è spesso possibile praticare il kite surf e le tribù di surfisti si spostano un po' più a sud, nei pressi del villaggio di Mandriola, dove esistono due spot chiamati Minicapo e Godzilla, dal nome di uno scoglio pericoloso che sorgeva nei pressi della riva. Quando il vento diventa troppo forte in questi punti, le onde spesso si attivano in uno spot un po' più a sud, chiamato "lo scivolo".
Sa Mesa Longa. Foto: Mauro Deidda.
La pratica di questa disciplina è ormai diventata un fenomeno di massa anche in Sardegna e va oltre lo sport, costituendo un vero e proprio stile di vita che richiede la capacità tempestiva di "inseguire" le onde cercando di raggiungere la costa nel posto giusto al momento giusto, fatto questo che rende certe mete particolarmente frequentate, anche nei mesi invernali, da tribù di sportivi che spesso sono disposti a viaggiare da lontano pur di sfruttare particolari condizioni. Una realtà in costante crescita, che sta generando anche flussi turistici spontanei in bassa stagione in zone rimaste ancora oggi ai margini dell'economia turistica e della stessa promozione territoriale e che in ogni stagione dell’anno, soprattutto nei mesi meno affollati, offrono frequentemente lo spettacolo colorato di chi cavalca le onde, emozionante da osservare anche per chi sosta davanti al mare alla ricerca di pace e bellezza.
Nella prossima tappa torneremo ancora su queste spiagge dall’aria esotica e sull’aspro promontorio che le sovrasta, che sono un paradiso non solo per i surfisti ma anche per gli amanti del trekking, della bicicletta e per chi semplicemente desidera lasciarsi spettinare dal vento e respirare a pieni polmoni l’essenza del Mediterraneo.